Ultime pubblicazioni

I segnalibri di Sant'Agostino

Il 28 Agosto la Chiesa Cattolica festeggia Sant'Agostino. Noi abbiamo preparato dei segnalibri, utilizzando l'opera di Simone Martini. Potete scaricarli dall'area di download.

 

Articoli con tag Incidente

In fila

Quando il signor S. arrivò sulla spianata, si trovò immerso in una densa foschia luminescente: decise di camminare in direzione della zona dove il chiarore sembrava più intenso; del resto non aveva altri punti di riferimento e, da quella parte, sentiva provenire un brusio confuso e un rumore come di piedi strascicati. Forse era una specie di punto di raccolta.

Non sapeva con certezza in che luogo si trovasse, ma una supposizione ragionevole, tra sé, l’aveva già formulata:  l’ultima cosa che ricordava era un SUV nero che gli veniva addosso a velocità sostenuta. Aveva chiarissima in mente l’immagine della donna con i capelli rossi alla guida di quel bolide che si era  schiantato contro la sua utilitaria. Indossava occhiali blu elettrico e la sua faccia matura ma affascinante, l’aveva vista molto, molto da vicino. Chissà se si sarebbero incontrati di nuovo, lì; perché era fuori dubbio che fosse morto e stesse per entrare in un Aldilà… chissà quale, dei tanti immaginati dai viventi, e forse anche alla signora era toccata la stessa sorte.

Percorse, avanzando incerto per la poca illuminazione, alcune decine di metri e si ritrovò accanto a degli sconosciuti,  un gruppo di persone, se così si potevano ancora chiamare, in attesa: alcune impazienti, altre rassegnate, formavano una lunga fila che faceva capo ad un bancone, appena visibile in lontananza. “La Reception, ovviamente – pensò, con una punta di ironia S. – chissà come prosegue dopo la faccenda”.

Si meravigliava di non provare dolore fisico e, soprattutto, di non pensare con sofferenza alla famiglia, alla moglie, ai due figli che a in quel momento dovevano essere a tavola per cena (non lo aspettavano mai!); forse la notizia del suo incidente li aveva già raggiunti,  interrompendo bruscamente la loro routine serale.

“Che ore saranno” si domandò, guardando l’orologio: era fermo. “Beh, tanto ora il Tempo non ha più importanza”

La fila scorreva piano, ma S. già vedeva bene il bancone, lunghissimo, e una ragazza che sembrava intenta a sbrigare delle pratiche; la nebbia intanto si era quasi dissolta svelando, a destra e a sinistra, per metri e metri, altre file di persone in attesa; qua e là qualche gruppetto chiacchierava, chissà di cosa.

Prosegui la lettura »

VN:F [1.9.22_1171]
Rating: 5.0/5 (1 vote cast)

Dr J. Iccapot

Tags: , , , , , ,

Una giornata come tante

Un racconto di Fabrizio Carollo

aulascuola2

I passi sono lenti ed incerti.

I jeans strappati e sporchi come pure la maglietta bianca dell’Hard Rock Cafè di Parigi. Un souvenir della gita dell’anno scorso.

Sara ha sempre desiderato averne una, così come ha sempre desiderato poter visitare la capitale francese ed ammirarla dall’alto del suo simbolo più famoso. Una gita andata a buon fine per un clamoroso colpo di fortuna. Un solo voto in più a favore della Francia. Sarebbe bastato molto poco per ripiegare sulla seconda e di certo non meno affascinante destinazione; la caliente Barcellona. Di solito le gite sono sempre le stesse e se non capita una destinazione il primo anno, probabilmente sarà per il secondo o il terzo o comunque prima del diploma. Ma Sara è stata da sempre una adolescente piena di romanticismo e Parigi doveva essere per forza la prima meta, altrimenti avrebbe perso di fascino, almeno secondo la sua opinione. Ed è stato un sogno che si è avverato e che ha alimentato la sua dolcezza. Così come l’ha resa felice quella maglietta, portata in classe con orgoglio ed anche con un pizzico di vanto. Sua madre deve lottare per metterla fra la biancheria da lavare! Fosse stato per lei l’avrebbe indossata anche come un pigiama!! E certamente non si può accusarla di averla maltrattata, anzi… guai se vi fosse stata anche una sola macchiolina.

Ora quella maglietta è irriconoscibile; è completamente fradicia e pare che tutta la polvere della città si sia depositata su essa. Ed anche su di lei.

Passi incerti fatti sul marciapiede del ponte che si domina la linea ferroviaria Bologna–Porretta, nei pressi della stazione di un paese di provincia. Non un paese piccolo certo, dotato dei più svariati servizi e dove si respira già una sorta di aria cittadina, ma pur sempre un paese. Il traffico è ben sostenuto a quest’ora della mattina ma nessuno, nel pieno della sua premura, diretto verso la propria destinazione, presta alcuna attenzione alla teen-ager, se non qualche occhiata distratta. Per molto tempo la ragazzina continua in linea retta verso la sua inesistente meta, oscillando come fosse vittima di una sbornia colossale. Le mani graffiate ed avide di lividi. Le lacrime che ancora solcano le guance rosse e sudate. Il vento freddo invernale che fischia fra i capelli spettinati ed il pallido sole la cui luce tenue ha tuttavia l’effetto di infastidire gli occhi già molto irritati. Le persone che la incrociano si scansano e la fissano con disgusto come fosse una irrecuperabile sbandata o peggio. C’è addirittura chi, vedendola da lontano, preferisce attraversare la strada per non doversi avvicinare troppo. Come un morto vivente, Sara arriva alla fermata della linea 94, che lei prende sempre per tornare a casa. Anche la signora Molelli, pensionata, è in attesa. Vedendo quella figura così indifesa ed inquietante al tempo stesso che le passa davanti senza degnarla di uno sguardo e che vuole continuare il suo percorso, spinta da una misera energia, l’anziana vince l’istintiva ritrosia e si avvicina. È una ragazzina e potrebbe esserle accaduto qualcosa di grave. I suoi vestiti e la sua pelle emanano un forte odore… di carburante.

“Piccola! Piccola,che è successo?? Come hai fatto a ridurti così? hai avuto un incidente? Ehi! Capisci quello che sto dicendo? Hai bisogno di aiuto! Fermati e lascia che chiami qualcuno!”

Afferrata dalla mano della donna, Sara si ferma come un giocattolo che ha esaurito la batteria e volge lentamente il capo verso di lei. Poi lo sfogo che arriva come un fulmine a ciel sereno e l’urlo a squarciagola che precede di un attimo l’abbraccio all’anziana, nel disperato bisogno di protezione!

~

“Cacchio! Siamo solo alla seconda ora! Ho un sonno tremendo! In questi casi è da panico stare al primo banco! Dovrei avere quegli occhiali con gli occhi dipinti!”

“Così impari a stare al telefono fino a mezzanotte con quella pettegola di Laura! Chissà poi che mucchio di stronzate che vi direte! Oltretutto, inutilmente, dal momento che vi vedete anche in classe! Avete delle notizie che non possono aspettare l’alba, vero?”

“Sei curioso, eh?”

“Per niente. Solo preferirei che sprecassi la tua voce per fare quella telefonata al locale! Rischiamo che la saletta sia occupata per sabato!”

“Rilassati, Dario! È il sabato della prossima settimana! È giovedì! Mancano ancora nove giorni! Che palle! Stasera telefono, va bene?”

“Sarà meglio! Dio, ecco che arriva quella stronza di Sara con la sua maglietta da parata! La brucerei!”

“Lei o la maglia?”

“Non saprei da chi iniziare. Spero che quell’arpia non sappia nulla della festa!”

“Tranquillo, non lo sa. Ho detto alle ragazze di tenere la bocca chiusa”

“E sono certo che ti hanno obbedito. Chi non segue alla lettera le istruzioni di Alessandra?”

DRIIIINNN!!!!

“Fine della pacchia! Adesso arriva quello stronzo di Flamigni! Speriamo non gli giri di interrogare!”

“Dipende dal fatto che sua moglie gliel’abbia data o no ieri sera!”

“Allora non c’è speranza!”

“Vatti a sedere, scemo!”

Non appena il temibile prof. appare sulla soglia, tutta la seconda A si fionda ai propri posti. Fortunatamente, la signora Flamigni doveva essere ben disposta ieri sera; oggi, il professore barbuto di mezza età è piacevolmente tranquillo. Di certo le sue spiegazioni hanno un pesante effetto anestetico ma sono sempre meglio delle interrogazioni a sorpresa, così durante il suo monologo, i ragazzi possono dedicarsi senza troppa paura ai loro importantissimi affari privati. Dal canto suo, Dario può rivedere gli invitati alla festa che sta organizzando da tempo. La festa di compleanno di Deborah (con l’acca, ovviamente!),che lui non ha mai conosciuto più di tanto. Il fatto importante è che è la migliore amica di Deborah è Tiziana… e Tiziana è l’angelo della terza fila. Il suo primo amore mai confessato. Un viso in cui lui si è perso volentieri più di una volta ed una voce così dolce e, perché no,sensuale da far girare la testa. Un rapporto sfuggevole, fatto di merende offerte al bar della scuola o di compiti di mate passati sottobanco. Mai il coraggio di telefonarle o di mandarle il fatidico bigliettino strappato dal quadernone, dove è scritto, a caratteri cubitali e, possibilmente in rosso:

“Mi piaci tanto e vorrei essere qualcosa di più di un amico per te!!!!”

I quattro punti esclamativi sono importantissimi per una dichiarazione d’amore a dovere! Da ricordare assolutamente.

Un amore di nicchia,ma il party può essere la svolta per uscire allo scoperto e cambiare tutto al meglio. Una festa che può essere la porta d’ingresso alla realizzazione del suo sogno. E Dario è fiducioso per questo: prima della fine dell’anno sarà insieme a Tiziana ed il loro amore sarà eterno, logicamente.

Ma c’è anche chi ha problemi più immediati, come nel caso di Elena, che deve rimediare il quattro in storia affibbiatole la settimana scorsa, tenuto ancora ben nascosto ai suoi. Si deve fare interrogare alla terza ora e deve prendere almeno un sette, per smussare gli angoli al ricevimento dei professori per la chiusura del primo quadrimestre. Certo, Flamigni non sarebbe molto contento che la storia batta le leggi della fisica che lui spiega con vivo entusiasmo, ma, si sa, la vita è una questione di priorità.

In fondo, vicino agli attaccapanni, c’è Federico che segue scrupolosamente la lezione prendendo più appunti di quanto serva e stando bene attento alla punteggiatura, da bravo secchione, come vuole la sua fama. Dopotutto, non è cosa da poco avere la responsabilità di passare i risultati dei compiti in classe di quasi tutte le materie a più di metà classe, attraverso un collaudato sistema di passaggio bigliettini. Già una borsa di studio a disposizione per meriti scolastici e le idee ben chiare sulla strada da percorrere per creare il proprio futuro. Un ragazzo con la testa sulle spalle davvero, denigrato da molti per le sue qualità ma sfruttato da tutti proprio per le sue qualità. Con una punta di snobismo, se vogliamo, ma consona alla reputazione che porta sulle sue spalle, volente o nolente.

Chi si fa meno problemi o per meglio dire non se ne fa affatto è nell’ultimo banco vicino all’ultima finestra; una posizione strategica ricercata con molta cura, al riparo dai professori che guardano negli occhi le persone prima di decidere chi interrogare, anche se nascondersi non funziona poi sempre. Ma considerato il fatto che Flamigni ha due veri e propri fondi di bottiglia che vengono chiamati eufemisticamente “occhiali”, Eugenio, detto “Gegio”, non ha alcun problema a riposare gli occhi con la testa poggiata sul libro. Un sognatore nel vero senso della parola, in quello più stretto. Il classico ragazzo che aspetta la campanella dell’ultima ora e che se ne va a scuola perché bisogna andarci e perché è un modo come un altro per passare il tempo. Ragazzi come tanti, che dimenticheranno i loro problemi esistenziali e seguiranno il giusto entusiasmo della loro età ad una festa ormai vicina. Una scuola come tante altre, in un paese che odora già di città, di nome Casalecchio di Reno. Un giorno come tanti, con le decorazioni che appaiono lungo le strade e che preannunciano il clima festivo alle porte. Un giorno come tanti finché Gegio non sente quel rumore fastidioso che disturba il suo riposo. Un rumore via via più intenso e di sicuro non comune. Il fastidioso rumore dei vetri delle finestre che vibrano ed un’ombra che diventa più grande ogni secondo.

E non è più una giornata come tante per la classe seconda A. Purtroppo, sarà ricordata per molto tempo.

ISTITUTO TECNICO SALVEMINI

6 DICEMBRE 1990

 


Dedico questo racconto alla memoria di tutte le vittime ed i familiari rimasti coinvolti nella tragedia dell’istituto Salvemini di Casalecchio di Reno (BO). La mattina del 6 Dicembre un aviogetto di addestramento si schiantò contro la scuola Salvemini, uccidendo dodici studenti delle 2° e ferendo gravemente altre 5 persone, incluso l’insegnante. Il carburante fuoriuscito dal velivolo prese fuoco ed un tremendo incendio divampò nell’edificio, portando al ferimento di altre 72 persone presenti nella scuola.
Il 26 Gennaio 1998, nonostante i ripetuti ricorsi presentati dai familiari delle vittime, la Corte di Cassazione di Roma assolse tutti gli imputati militari coinvolti nell’incidente, sostenendo che “il fatto non costituiva reato”.
I nomi presenti nel racconto sono fittizi, ma è autentico il rispetto e la sincera commozione per quelle vite spezzate in modo così assurdo. A tutt’oggi, la mia partecipazione all’immenso dolore è sempre viva.

Fabrizio Carollo.

VN:F [1.9.22_1171]
Rating: 4.5/5 (2 votes cast)

contributi

Tags: , , , ,

Corri, demone, corri!

sarteano_demone
Il rumore della discoteca era assordante anche nel parcheggio. Jeco infilò a fatica la chiave nella serratura della sua scattante millesei con motore compresso, camuffata da utilitaria, e si mise al volante. Era euforico, non avrebbe voluto lasciare la festa ed ancora continuava ad agitarsi come fosse un frullato di frutta, ma una vocina in fondo alla coscienza gli ripeteva ossessivamente che l’indomani avrebbe dovuto presentarsi in banca, del tutto in forma, alle otto in punto. Fortunati gli amici disoccupati che potevano dormire fino all’ora di pranzo e spernacchiavano la madre se, povera donna, tentava di svegliarli prima di mezzogiorno. Ma lui non poteva perdere quel posto che al padre era costato tante umiliazioni, e fogli da cento, verdi, verdi !
Nessuno degli amici aveva voluto seguirlo, dopo tutto erano solo le quattro del mattino, la vera festa doveva ancora cominciare. Girò la chiavetta, accese il lettore del cd con il volume sparato al massimo e partì sgommando. Aveva la sensazione che la sua testa fosse infilata in cima ad una canna ed il corpo, sotto, si muovesse liberamente, seguendo il ritmo ossessivo della musica. Il rumore delle ruote sulla ghiaia lo fece ridere a crepapelle. Poi, sull’asfalto, mise il piede a tavoletta, accompagnando con urla scomposte il caos di decibel che usciva dalle casse. Gli sembrava di volare, sollevato un metro sopra la strada, e sentiva il volante leggero, leggero, come in un video gioco. Alla prima curva girò senza problemi, aumentando la velocità: nel buio della notte si sentiva onnipotente. Tra qualche minuto avrebbe posato la testa sul suo cuscino, nella cameretta con i pupazzi che conservava da bambino ed i poster hard che la mamma spolverava ad occhi chiusi. Ancora qualche minuto. Per un attimo si ricordò del guidatore del carro infernale della tomba di Sarteano, una divinità etrusca dell’oltretomba che aveva visto su Internet, qualche giorno prima. “Corri, corri demone dai capelli rossi, inarrestabile come un uragano” urlò. All’improvviso si trovò di fronte un muro e rise, sapeva che quel muro non c’era:  dopo la prima curva  la strada era diritta, fino a casa. Il muro era una fantasia del suo cervello, doveva solo inchiodare all’altezza del cancello dei vicini, scendere dall’auto ed entrare in casa, salutare la mamma, sempre alzata in attesa del suo ritorno, infilarsi nel letto, dormire e, il giorno dopo, come sempre, sedersi dietro quel fottuto sportello di banca.
Ma il cancello non c’era più ed il muro era reale: la macchina, dopo averlo urtato, volò in cielo, ruotando su se stessa, poi atterrò esplodendo. La musica all’improvvisò cessò e tutto divenne nero.

“Ecco guarda, questo è un braccio – disse un giovanotto vestito d’arancione, rivolto al suo compagno – sì, guarda, qui c’è il busto con la testa: meno male, si può rimettere insieme e farlo sembrare intero. Sai, per la famiglia: se gli dici che sono decapitati svengono, come avesse importanza essere morti interi o a pezzi.”
“A me non sembra che cambi molto! Sfracellarsi a cento metri da casa, roba da deficienti!” replicò il collega, stanco di frugare tra i cespugli alla ricerca dei pezzi di quel puzzle umano.
“Almeno ha fatto tutto da sé, senza ammazzare altri disgraziati!” aggiunse l’uomo in arancione.
“Che schifo! – esclamò  il collega – questa gamba è ancora calda e sanguina!”
“Che ci vuoi fare, siamo arrivati meno di dieci minuti dopo l’incidente. Metti tutto nel sacco, così ce ne andiamo e diciamo che era ancora vivo, altrimenti ci tocca aspettare l’arrivo del magistrato, e sai che palle! Ma bisogna che ci sia tutto: due braccia, due gambe, busto e testa, mi raccomando!”
“Ma non abitava qui vicino? E i parenti?”
“Sì, qui davanti, ma non si sono accorti di nulla, poveracci, dormono come angioletti. La casa ha le finestre chiuse!”
Nel sacco tutto era nero. Il cervello di Jeco, dopo quindici minuti, a sprazzi ancora funzionava. Solo che la testa non era più sopra un palo, ma tagliata di netto. Sulla retina però ancora rimaneva un’immagine viva e urlante, il volto ghignante del demone etrusco che lo trascinava, con la sua quadriga di vento, verso gli inferi.

Il racconto esce contemporaneamente anche su NovocainaMagazine.

VN:F [1.9.22_1171]
Rating: 0.0/5 (0 votes cast)

fuchs

Tags: , ,

Scrivolo

i racconti del nano grafomane

http://www.scrivolo.it

Segnalibri Sant’Agostino

Segnalibri Agostino

Il 28 Agosto la Chiesa Cattolica festeggia Sant’Agostino. Un’occasione, per noi, per ricordare il grande lettore (e scrittore!), morto 1583 anni fa.

Da stampare fronte e retro e  ritagliare: [download id=”52″]

VN:F [1.9.22_1171]
Rating: 0.0/5 (0 votes cast)

Dr J. Iccapot