Un racconto di: KEKKO.
Sono un ragazzo di quattordici anni che frequenta la quarta ginnasio di un Liceo Classico.
Fino allo scorso anno ero abituato a stare in una classe formata da un numero uguale di maschi e femmine; quest’anno, e questo mi crea non pochi guai, mi sono ritrovato ad essere l’unico componente maschio della mia nuova classe.
All’inizio dell’anno scolastico pensavo di poter “sopravvivere” senza la minima difficoltà, ma ora mi accorgo che nella classe non ho un punto di riferimento, un migliore amico, un compagno con cui parlare di calcio, di moto o della scuola.
In classe, quando le ragazze parlano tra di loro, sono costretto a stare in silenzio perché discutono solamente di ragazzi e di vestiti, ed io su questi due argomenti non saprei proprio cosa dire.
Quando i professori entrano in classe, la mattina, ci salutano con un: “Buongiorno ragazze” e io mi chiedo se sono trasparente; la rara volta che un professore dice: “Buongiorno ragazzi” le mie compagne lo fulminano con uno sguardo assassino e io mi sento come un esile gnu tra tante leonesse feroci pronte a divorarselo.
Ma i disagi e le difficoltà arrivano soprattutto quando andiamo in palestra o in piscina.
In palestra per cambiarmi e indossare la tuta ci impiego cinque minuti, mentre loro si fanno attendere molto, neanche dovessero andare ad un matrimonio.
Peggio ancora quando giochiamo a pallavolo a basket o corriamo.
A me piace ogni genere di sport, da quelli più estremi a quelli più tranquilli; da quando avevo sei anni gioco a calcio e a tennis e adoro fare educazione fisica, che oltretutto è l’unica materia dove prendo voti eccellenti e sono sempre preparato anche se non studio.
Loro, invece, la trasformano in un incubo: quando andiamo in palestra camminano con il passo di una formica per arrivare il più tardi possibile, impiegano oltre quindici minuti per cambiarsi, odiano correre perché sudano o perché è troppo faticoso, a pallavolo e a basket non si applicano, sono svogliate e si mettono a ridere per ogni singola cosa.
A me verrebbe da piangere a causa dei loro innumerevoli errori che rallentano il nostro gioco.
Se mi arrabbio, mi dicono con tono sarcastico di stare calmo, ma io come faccio a stare calmo se queste dieci arpie riescono a rovinare le uniche due ore di divertimento che la scuola ci concede in una settimana?
Non ce la faccio più; siccome sono più veloce degli altri a cambiarmi vado subito in classe, mi rilasso stendendomi sopra a un banco e mi dico:
“Stai tranquillo Francesco, ti rimangono soltanto altri quattro anni in questa orribile situazione e poi sarai libero!”
Quando andiamo in piscina, cioè ogni due settimane, la situazione diventa insostenibile: le dieci ragazze si lamentano continuamente perché hanno lo spogliatoio troppo piccolo, perché non c’è l’acqua calda per tutte, perché non c’è tempo per lavarsi.
Io non ho tutti questi problemi, nel mio spogliatoio sono da solo… e mi ci sento, solo!
Allora ho proposto al professore di far venire qualche ragazza nel mio spogliatoio. Che strano, ho ricevuto un no secco! Eppure questa soluzione poteva risolvere tutte le loro lamentele…
La situazione non migliora dopo che mi sono cambiato, visto che io ci metto pochi minuti ed entro subito in acqua; loro arrivano dopo venti minuti e io ormai sono già diventato un anfibio.
Nell’ora seguente facciamo le nostre quaranta vasche che in realtà sono solo venti perché diciamo al professore che le abbiamo fatte tutte e lui fa finta di crederci. Così arriva il momento della doccia.
Io me la prendo sempre comoda perché mi piace stare sotto l’acqua calda, ma anche perché so bene che, ovviamente, sarò il primo ad uscire dallo spogliatoio. Mi metto sulla panchina ad ascoltare la musica con il cellulare, pronto ad affrontare la lunga attesa delle mie dieci donne.
La prima ragazza esce dopo una decina di minuti e mi dice che le altre si devono ancora asciugare i capelli; è così che svaniscono definitivamente nel nulla tutte le mie speranze di fare colazione.
Le mie donne sono così veloci che, infatti, rientriamo in classe anche dopo la fine della ricreazione ed io rimango regolarmente a stomaco vuoto.
Sembra proprio che il digiuno forzato sia tra le “amarezze della vita” che un quattordicenne deve subire.
In compenso, al nostro ritorno, le ragazze sono più belle che mai: si sono truccate gli occhi, le labbra sono piene di brillantini, i capelli sono piastrati e pettinati e le unghie sono smaltate.
Sembra che siano state in una beauty farm oppure alle terme a fare trattamenti estetici.
E non tralasciate il fatto che io devo stare sempre attento quando siamo in classe: tutti sanno che i maschi sono meno studiosi, più disattenti e più confusionari delle femmine. Le mie ragazze sembrano quasi tutte dei robot, studiosissime e perfette in ogni materia. Tocca a me far correre il cervello per tenere il loro passo!
Alle versioni di latino e greco prendono tutte voti eccellenti e alle interrogazioni sono quasi sempre preparate.
Ed io mi domando: “Riuscirò a sopportarle fino alla fine?”
10 ragazze per me... posson bastare,
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