Quarta Parte

Qui la terza parte.

Classe K significava passare l’estate in una scomoda malga di alta montagna, aiutando i robot pastori e i pochi contadini rimasti nella mungitura delle vacche per avere una tazza di latte o una fetta di formaggio da aggiungere alle scatolette fornite dall’Ente per il Diritto alla Vacanza. Più che a una villeggiatura, secondo il racconto di chi aveva sperimentato questo genere di vacanza, somigliava a una deportazione.

Daug si sentiva le gambe molli per la paura. Fortunatamente era seduto, altrimenti sarebbe caduto di sicuro sul pavimento. Non aveva mangiato nulla in tutto il giorno e, nel suo cervello a corto di zuccheri, le minacce velate del correttore suscitavano immagini spaventose. Opporsi ai ‘benevoli’ consigli di quel mellifluo individuo significava rischiare la Rieducazione, la lobotomia, la demenza…forse la morte. Con il poco coraggio rimasto cercò di contrattare la resa:

“Ma se accetto di lavorare a tempo pieno per lo Stato almeno potrò evitare di seguire i corsi di formazione permanente? Consideri che altrimenti non avrei più tempo libero, diventerei stressato … e la mia salute ne risentirebbe.”

“Certo, lei sarà esonerato dai corsi culturali per un lungo periodo perché, oltre a fare pratica sotto la guida di un tutor tecnico, dovrà  frequentare una lezione settimanale di teoria hardware della durata di sei ore.”

“Così però sarò occupato per 24 ore settimanali, mentre la quota massima ammessa per legge è di 20.”

“Si tratta di standard riferiti a cittadini lavoratori, non a studenti o apprendisti. E poi, mi creda, non le conviene mettersi a cavillare … non sarei autorizzato a dirlo, ma lei è a un passo dal Correzionale.”

“Questo è un abuso – esclamò indignato Daug – in tutta la mia vita non ho mai commesso reati gravi: non rubo, non violento le donne, non rapino le banche, io!”

“E’ vero, per ora non lo fa, ma il suo elevato punteggio negativo la colloca tra i soggetti “border line”, potenzialmente delinquenti. E’ mio dovere ammonirla del pericolo che corre, nell’interesse suo e dello Stato. Lei può ancora essere recuperato senza costrizioni e, visto che il suo soggiorno nel Centro di Rieducazione costerebbe all’erario una cifra notevole, il vantaggio mi pare reciproco.”

Daug era terrorizzato: la parola Correzionale aveva annientato le sue ultime resistenze e firmò, firmò senza fiatare tutti i moduli che il correttore aveva ordinatamente disposto sul tavolo del soggiorno-cucina. Si impegnò a cambiare lavoro, amicizie, abitudini ma non aveva scelta, non voleva subire il “lavaggio del cervello” o diventare uno zombi cerebroleso.

L’ospite raccolse gli originali dei contratti e si alzò con un sorriso soddisfatto che irritò profondamente Daug.

“Sa, è sempre un piacere per noi correttori convincere un cittadino a rimettersi in carreggiata senza l’uso della forza. La ragione è nel cuore di ognuno di noi e  ci guida sempre al bene, se solo si è disposti ad ascoltare la sua voce. Io sarò il suo supervisore per tutto il periodo della ‘migrazione’ dal vecchio al nuovo Daug Danai: ogni volta che avrà un dubbio, un timore, un momento di crisi potrà rivolgersi a me e non tema di disturbarmi, il lavoro è per me una missione. Usi pure il mio cercapersone – disse posando sul tavolo un minuscolo telefonino fornito di un solo grosso pulsante rosso –  e chiami pure a qualsiasi ora del giorno o della notte, mi troverà sempre pronto ad ascoltarla.”

Si strinsero la mano e Daug, ipocritamente, ringraziò il correttore per avergli offerto la  possibilità di dare alla sua esistenza una svolta positiva. L’uomo sembrò gratificato dalle parole di Daug. Per fortuna l’impianto nel cervello dei cittadini di microchip in grado di rendere i loro pensieri leggibili ai correttori era un progetto ancora in fase di studio.

Continua….

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Rosanna Bogo