Seconda Parte

Qui la prima parte.

L’insegnante del corso di ceramica era un robot Z 141, modello piuttosto autoritario e bisbetico, inutile cercare di fargli cambiare idea. Daug si rassegnò a rinunciare al corso di scacchi e cominciò a dipingere, ma di malavoglia.

Sotto la guida puntigliosa dell’insegnante, dopo quattro ore di lavoro, dalla mattonella emerse una strana cosa, una specie di pesce cavalcato da una donna nuda. Forse lo Z141 aveva qualche circuito fuori sesto…pensò Daug.

“Bene – disse l’insegnante – oggi avete dipinto una nereide. La prossima volta passeremo ai velieri”. Gli studenti si alzarono e uscirono quasi di corsa, senza fare commenti: tutto l’edificio era coperto da un sensibilissimo sistema di teleaudiosorveglianza, e poi avevano fame ed erano stanchi. “Una nereide…chi sa cos’è”, si chiese Daug.

Quando salì in macchina Alfred aveva già cambiato umore ed era, come al solito, fin troppo ciarliero, però non disponeva di vocabolario universale incorporato e quindi era inutile chiedergli il significato della strana parola. Daug digitò “nereide” sulla tastiera del suo palmare, in classe era vietato utilizzarlo, e così scoprì che si trattava di una divinità mitologica minore che accompagnava Poseidone, signore del mare. Questo Poseidone, pensò Daug, di certo doveva spassarsela in crociera con un codazzo di ragazze nude. Chi sa come si chiamavano quei brutti pesci che le nereidi usavano come cavalcatura… Certo, se gli olandesi del XVII secolo possedevano una fantasia così bizzarra, anche i loro velieri dovevano avere una forma ben diversa dalle eleganti navi eoliche che stavano ormeggiate nel porto di Perna, la località balneare dove aveva trascorso i suoi tre mesi di vacanza estiva l’anno passato. Era proprio curioso di vedere cosa la signorina Z 141 gli avrebbe fatto dipingere la settimana seguente.

“Ti sei divertito?” chiese Alfred.

“Non prendermi in giro, sono già di pessimo umore. Questi corsi artistici mi annoiano a morte, ma è obbligatorio seguirne almeno uno all’anno, e lavorare la creta e dipingere è sempre meglio che sorbirsi la storia di Michelangelo e della Cappella Sistina in 20 lezioni.”

“Cos’è una Cappella Sistina? – chiese Alfred – A volte la nominano alla radio, nei programmi dedicati ai viaggi turistici.”

“Niente di speciale: un edificio enorme che fu costruito qualche secolo fa perchè quel tale lo decorasse da cima a fondo con delle immagini tratte dalla Bibbia. Cos’è la Bibbia lo sai, vero?”

“Ma per chi mi prendi? Certo che lo so! è la storia di un tale che credeva di essere il creatore del mondo e aveva un seguito di fans, veri sfigati, che passava da un guaio all’altro per colpa sua. Roba di archeofantascienza, un genere che non mi è mai piaciuto. Io preferisco i classici come Clark o Asimov. Metto un po’ di musica scatenata o preferisci il solito romanticume? Vuoi fermarti a mangiare qualcosa al drugstore? A proposito, per arrivare in tempo abbiamo violato dodici norme secondarie e tre primarie. Mi sa proprio che prima di domani riceverai la visita di un correttore.”

“Vuoi dire oggi?” replicò Daug.

“Si, ma ‘prima di domani’ suona meglio, non ti pare? È meno opprimente. E poi puoi sempre raccontare che il tuo risvegliatore era guasto.”

“No, è colpa mia se non mi sono svegliato alle sette, ho dimenticato di inserirlo!”

“Dai retta a me: era guasto! bisogna avere sempre una giustificazione pronta per apparire meno colpevoli” ribadì il computer-auto.

“Non so in che settore lavorasse il tuo primo proprietario, ma di certo doveva essere un tipo sveglio” replicò Daug.

“Io sono stato ricondizionato, però non hanno fatto un buon lavoro, e a volte ricordo ancora qualche frammento della mia vita precedente…”

“Chiamala vita… sei un man-supporter che guida una machina”

“Beh, per me questa è vita e quella che facevo con l’altro padrone era di certo molto più piacevole. Se non altro pilotavo una vera macchina  e non una scassata utilitaria come la tua, sempre con l’idrogeno in riserva e un navigatore in corto che fornisce dati a caso. Mentre ti aspettavo, fuori dal Centro, pretendeva di trovarsi sul lungomare di Perna:  mi sembrava di fare conversazione con un paziente del manicomio. Meno male che giro da decenni per questa città e la conosco come le mie tasche. Comunque ho vissuto tempi migliori, io, se proprio lo vuoi sapere: con l’altro andavamo alla grande, c’erano sempre belle ragazze a bordo, lo portavo in ristoranti di lusso e facevamo lunghi viaggi. Quando mi spegni per qualche secondo ancora rivedo quei luoghi stupendi… altro che l’albergo a due stelle di Perna Beach dove mi hai tenuto tre mesi parcheggiato all’aperto, accanto a utilitarie di pensionati incapaci di uscire dall’auto senza mollarmi una sportellata sulla carrozzeria come ricordino.”

“Non sapevo che ti fossero rimasti in memoria tanti dati non cancellati – disse Daug, incuriosito – com’è che poi vi siete separati, tu e il tuo padrone?”

“E’ accaduto parecchi anni fa. Lui a volte mi disattivava, gli piaceva guidare da solo…era un buon pilota, ma una volta fece un incidente piuttosto grave: dalla macchina sono uscito intero per miracolo, probabilmente mi sono salvato perché ero spento.”

La voce di Alfred svanì, come se un effetto Larsen disturbasse il microfono. Piangeva.

“Mi dispiace, scusa, non ero al corrente della disgrazia…il rivenditore mi ha solo detto che eri usato, ma ancora perfettamente funzionante. Ed è vero…” disse Daug, dispiaciuto.

“Il negoziante sapeva il fatto suo e io sono anche troppo in gamba per un tipo come te – replicò indispettito Alfred -…corso di nuoto, di yoga, di ceramica, mai una vera ragazza, al massimo un robot escort. Per non parlare dei tuoi amici… tre grassoni che mi sfondano gli ammortizzatori e trangugiano birra puzzolente. E poi non sei neppure programmatore. Guido la macchina di un idraulico, roba da vergognarsi.”

“Veramente sono un tecnico di impianti idrici, servono anche quelli a questo mondo, non ti pare? E il mio robot assistente dice non sono affatto male come artigiano e lui è un prodotto di marca, l’ho pagato un occhio della testa!”

“Non ne dubito, almeno uno dei due il lavoro doveva saperlo fare. E poi un robot costoso è sempre programmato per essere anche un leccapiedi: chi spende ha diritto di sentirsi amato e apprezzato… io invece non valgo niente e posso permettermi di dire le cose come stanno, però, se mi dai retta, ti farò risparmiare una multa, fidati! Quando arrivi a casa manda in corto il risvegliatore, sostituirlo ti costerà una sciocchezza  e il ‘correttore’, di fronte al guasto, si ammorbidirà: al massimo ti farà pagare metà multa. Il mio padrone faceva sempre così, se la cavava scaricando la colpa sulle macchine, ma lui era un programmatore di livello C, un uomo importante che ci sapeva fare con i computer, un vero genio. E poi aveva una fantasia straordinaria, inventava nuove macchine.”

Ormai erano arrivati sotto casa.

“Allora ci vediamo stasera, Alfred – disse Daug – ho un appuntamento con i  miei amici ‘grassoni’ al cyberbar.”

“By by, baby e fai fuori il risvegliatore, mi raccomando! Però non dimenticare che domani è giorno di lavoro!  Hasta la vista compagnero!”

Daug era abituato alle frasi un po’ sconclusionate che Alfred pronunciava al momento della disconnessione e, ora che sapeva dell’incidente, capiva anche la causa di quello strano affabulare. Nello scontro doveva avere subito qualche danno profondo che non era stato possibile riparare, tuttavia le sue capacità di computer-auto erano rimaste intatte, e anche il consiglio che gli aveva dato – si disse Daug entrando nell’ascensore – non era affatto sciocco.

Continua….

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Rosanna Bogo