Prima Parte
Daug saltò giù dal letto come una molla: la sera prima aveva fatto baldoria con gli amici e si era dimenticato di attivare il risvegliatore cromatico ma, per fortuna, il rumore del traffico, già intenso nelle prime ore del mattino, lo aveva fatto uscire dal mondo dei sogni giusto in tempo. Alle nove doveva trovarsi assolutamente dall’altra parte della città, al Centro di Formazione Permanente. Già altre volte si era presentava in ritardo e non desiderava certo ricevere la visita di un “correttore”. Ormai erano le otto passate: si vestì alla meno peggio con i pantaloni che aveva lasciato sulla sedia la sera prima, indossò una maglietta scelta a caso nel cassetto e, senza neppure lavarsi la faccia o bere un goccio di caffè, corse in strada. Salì in macchina come una furia e subito esclamò:
“Al Centro di Formazione, Alfred, e di corsa!”
Alfred era il suo computer-auto e come tutti i man-supporter di quel genere doveva avere un nome, per permettere il riconoscimento vocale del proprietario. Daug aveva scelto un modello di classe “friendly” perché conversava, sceglieva la musica da solo, dava consigli sul percorso, insomma faceva un po’ di compagnia durante il viaggio, oltre a guidare l’auto. Di recente però Alfred era diventato leggermente logorroico e, soprattutto, polemico; doveva ricordarsi di farlo registrare su un livello di interattività più basso, ora si trovava in modalità 3.3, definita scherzosamente dai tecnici ‘la suocera’.
“Quanto di corsa, Daug? Come all’autodromo o solo più veloce del solito?” chiese Alfred avviando il motore.
“Non metterti a cavillare e corri! devo arrivare entro le nove!”
“Con questo traffico non sarà possibile…disattivo il normatore?”
“Ma sì, chi se ne frega! per una volta…basta che non fai disastri, specie ai semafori, mi raccomando.”
Alfred, non più obbligato al ferreo rispetto delle norme di circolazione, partì a razzo, infilò un paio di sensi unici e arrivò in pochi minuti alla grande rotatoria che immetteva sulla tangenziale. Non diede la precedenza ad un veicolo che già era nel giro e si sentì una voce gridare ‘Luddista!’, un insulto non da poco, almeno di grado 10. Il computer-auto di quella macchina doveva essersi proprio arrabbiato.
“Devo rispondere?” chiese Alfred.
Daug sapeva che, a lasciarlo fare, sarebbe andato sul pesante, urlando qualcosa del tipo “Figlio di una scheda madre fusa” o “Formattati!”, insulti che comportavano una multa: meglio lasciar perdere. Alfred, offeso, non disse più nulla per tutto il viaggio. Come computer aveva davvero un brutto carattere, questione di componenti refurbished e software economici, pensò Daug: l’aveva comprato in un negozio di articoli di seconda mano spendendo una sciocchezza e non poteva certo pretendere prestazioni super! In giro, per chi disponeva di quattrini, c’era ovviamente di meglio: un suo collega, a forza di straordinari, si era comprato il modello Frine, dotato di voce femminile suadente e programmato per dare sempre ragione al proprietario. Del resto chi sborsava certe cifre aveva ben diritto di non essere contraddetto da una macchina.
Arrivò al Centro di Formazione proprio mentre le porte scorrevoli stavano per chiudersi. Riuscì a scivolare dentro senza farsi schiacciare dalle enormi lastre di cristallo, ma la sua pericolosa manovra venne registrata dal telecontrollo dell’ingresso.
In punta di piedi entrò in aula e, di soppiatto, si mise al tornio manuale, ostentando un’aria innocente. Quel mese era iscritto al corso di ceramica artistica, ma si trattava di una scelta del tutto casuale.
“Lei, signor Danai – gli disse l’insegnate-robot – dovrebbe essere più puntuale ed evitare certi comportamenti rischiosi.”
“Lo so, mi scusi per il ritardo, ma ieri sera non mi sono ricordato di mettere la sveglia” rispose Daug con aria falsamente contrita. I compagni risero, ma con moderazione.
“Si dice risvegliatore, signor Danai – replicò l’insegnate – il prossimo mese la proporrò per un corso di grammatica di primo livello.”
“Ma signorina, io sono già in lista per ‘scacchi, dama e filetto’ – protestò Daug – e poi il corso base di grammatica l’ho frequentato l’anno scorso.”
“Allora si vede che ha bisogno di un aggiornamento. Ed ora, se il signor Danai ce lo permette, iniziamo la lezione. Prendere il pennello n. 3 e i colori azzurro n. 7, oltremare n. 8 e bianco n. 1. Oggi impareremo a dipingere mattonelle nello stile olandese del XVII secolo.”
–
L’insegnate di ceramica era un robot Z 141, modello piuttosto autoritario e bisbetico, inutile cercare di fargli cambiare idea o commuoverlo con qualche storiella. Daug si rassegnò a rinunciare al corso di scacchi e cominciò a dipingere, ma di malavoglia. Sotto la guida puntigliosa dell’insegnante, dopo quattro ore di lavoro, dalla mattonella emerse una strana cosa, una specie di pesce cavalcato da una donna nuda. Forse lo Z141 aveva qualche circuito fuori sesto…pensò Daug.
“Bene – disse l’insegnante – oggi avete dipinto una nereide. Domani passeremo ai velieri”. Gli studenti si alzarono e uscirono quasi di corsa, senza fare commenti, tutto l’edificio era coperto da un sensibilissimo sistema di teleaudiosorveglianza, e poi avevano fame. “Una nereide…chi sa cos’è”, si chiese Daug uscendo per ultimo dall’aula.
Quando salì in macchina Alfred aveva già cambiato umore ed era, come al solito, ciarliero, però non disponeva di vocabolario universale incorporato e quindi era inutile chiedergli il significato della strana parola. Daug digitò “nereide” sulla tastiera del suo palmare, in classe era vietato utilizzarlo, e così scoprì che si trattava di un’antica divinità marina che, con i tritoni, accompagnava in crociera Poseidone. Questo Poseidone doveva essere un gran dritto, si disse Daug. I tritoni erano di certo quei brutti pesci che le ninfe usavano come cavalcatura. Gli olandesi del XVII secolo possedevano una fantasia davvero bizzarra. Anche i loro velieri, era sicuro, dovevano avere una forma ben diversa dalle eleganti navi eoliche che stavano ormeggiate nel porto di Perna, la località balneare dove aveva trascorso i suoi tre mesi di vacanza estiva l’anno passato.
“Ti sei divertito?” chiese Alfred.
“Non prendermi in giro, sono di pessimo umore. Questi corsi artistici mi annoiano a morte, ma è obbligatorio seguirne almeno uno all’anno, e lavorare la creta è sempre meglio che sorbirsi la storia di Michelangelo e della Cappella Sistina.”
“Cos’è una Cappella Sistina? – chiese Alfred – A volte viene nominata alla radio.”
“E’ un edificio enorme che fu costruito secoli fa perchè quel tale lo decorasse da cima a fondo con delle immagini tratte dalla Bibbia. E tutto a mano! Cos’è la Bibbia lo sai, vero?”
“Ma per chi mi prendi? Certo che lo so! è la storia di un tale che credeva di avere creato il mondo e i suoi fans, un popolo di sfigati, passavano da un guaio all’altro per colpa sua. Roba di archeofantascienza, un genere che non mi è mai piaciuta. Io preferisco Asimov. Vuoi che ti metta un po’ di rock scatenato o preferisci il solito romanticume soft? A proposito, per arrivare in tempo abbiamo violato dodici norme secondarie e tre primarie. Mi sa proprio che prima di domani riceverai la visita di un correttore.”
“Vuoi dire oggi” replicò Daug.
“Si, ma ‘prima di domani’ suona meglio, non ti pare? È meno opprimente. E poi puoi sempre raccontare che il tuo risvegliatore era guasto.”
“No, è colpa mia se non mi sono alzato alle sette, ho dimenticato di inserirlo!”
“Dai retta a me: era guasto! bisogna avere sempre una giustificazione pronta per apparire meno colpevoli” ribadì il computer-auto.
“Non so in che settore lavorasse il tuo primo proprietario, ma di certo doveva essere un tipo sveglio” replicò Daug.
“Io sono stato ricondizionato, però non hanno fatto un buon lavoro. A volte ricordo ancora qualche frammento della mia vita precedente…”
“Chiamala vita… sei un man-supporter che guida una machina”
“Beh, per me questa è vita e quella che facevo con l’altro padrone era di certo molto più piacevole. Se non altro pilotavo una vera macchina e non una scassata utilitaria come la tua, sempre con l’idrogeno in riserva e un navigatore in corto che fornisce dati a caso. Mentre ti aspettavo, fuori dal Centro, pretendeva di trovarsi sul lungomare di Perna. Mi sembrava di fare conversazione con un evaso dal manicomio. Meno male che giro da decenni per questa città e la conosco come le mie tasche.
Comunque ho vissuto tempi migliori, io, se proprio lo vuoi sapere: con l’altro andavamo alla grande, c’erano sempre belle ragazze a bordo e si facevano viaggi, sì, lunghi viaggi meravigliosi. Quando mi spegni per qualche secondo ancora rivedo quei luoghi stupendi… altro che l’albergo a due stelle di Perna Beach dove mi hai tenuto tre mesi parcheggiato all’aperto, accanto a utilitarie di pensionati incapaci di uscire dall’auto senza mollarmi una sportellata sulla carrozzeria come ricordino”
“Non sapevo che ti fossero rimasti in memoria tanti dati non cancellati – disse Daug, incuriosito – com’è che poi vi siete separati, tu e il tuo padrone?”
“E’ accaduto parecchi anni fa. Lui a volte mi disattivava, gli piaceva guidare da solo… una volta però fece un incidente piuttosto grave: dalla macchina sono uscito intero per miracolo, un vero disastro”.
La voce di Alfred svanì, come se un effetto Larsen disturbasse il microfono. Piangeva.
“Mi dispiace, scusa, non ero al corrente della disgrazia…il rivenditore mi ha solo detto che eri usato, ma ancora valido. Ed è vero…” disse Daug, sinceramente dispiaciuto.
“Il negoziante sapeva il fatto suo e io sono anche troppo in gamba per un tipo come te – replicò indispettito Alfred -…corso di nuoto, di yoga, di ceramica, mai una vera ragazza, al massimo un robot escort. Per non parlare dei tuoi amici… tre grassoni che mi sfondano gli ammortizzatori e trangugiano birra puzzolente. E poi non sei neppure programmatore. Guido la macchina di un idraulico, roba da vergognarsi”
“Veramente sono un tecnico di impianti idrici, servono anche quelli a questo mondo, non ti pare? E il mio robot assistente dice non sono affatto male come artigiano e lui è un prodotto di marca, l’ho pagato un occhio della testa!”
“Non ne dubito, almeno uno dei due il lavoro doveva saperlo fare. E poi un robot costoso è sempre programmato per essere anche ruffiano: chi spende ha diritto di sentirsi amato e apprezzato… io invece non valgo niente e posso permettermi di dire le cose come stanno, però, se mi dai retta, ti farò risparmiare una multa, fidati! Quando arrivi a casa manda in corto il risvegliatore, sostituirlo ti costerà una sciocchezza e il ‘correttore’, di fronte al guasto, si ammorbidirà: al massimo ti farà pagare metà multa. Il mio padrone faceva sempre così, se la cavava scaricando la colpa sulle macchine, ma lui era un programmatore di area C, un uomo importante che ci sapeva fare con i computer, un vero genio. E poi aveva una fantasia illimitata”
Ormai erano arrivati sotto casa. “Allora ci vediamo stasera, Alfred – disse Daug – ho un appuntamento con i miei amici ‘grassoni’ al cyberbar.”
“Bye bye, baby e lavorati il fusibile, mi raccomando! Però non dimenticare che domani è giorno di lavoro! Hasta la vista compagnero!”
Daug era abituato alle frasi un po’ sconclusionate che Alfred pronunciava al momento della disconnessione e, ora che sapeva dell’incidente, capiva anche la causa del suo strano affabulare. Nello scontro doveva avere subito qualche danno profondo che non era stato possibile riparare, tuttavia le sue competenze di computer-auto erano rimaste intatte, e anche il consiglio che gli aveva dato – si disse Daug entrando nell’ascensore – non era affatto sciocco.
–
Continua….
Rosanna Bogo
Rosanna Bogo
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