Seconda Parte.

Qui la Prima Parte.

Il notaio Casimiro Traini era un vecchio di più di ottanta anni e, da tempo, aveva ceduto il suo Studio al figlio Carlo. Saltuariamente però esercitava ancora la professione, soprattutto se si trattava di accontentare la richiesta di clienti di vecchia data e, da oltre mezzo secolo, don Casimiro curava le questioni immobiliari ed ereditarie della famiglia del Professore. In certo senso conosceva vita, morte e miracoli dei Coriolano: si era occupato della cessione delle proprietà di famiglia al paese, dell’acquisto e della vendita di vari appartamenti in città, della successione dei nonni e dei genitori di Marcantonio e solo grazie alla sua abile mediazione la complessa causa ereditaria dello zio Achille si era risolta positivamente e fuori dalle aule dei tribunali. Ma questa era una faccenda a parte: si trattava di ripagare un grosso favore che il capitano Achille Coriolano, esperto alpinista per niente intimorito dai ghiacci della steppa, aveva fatto all’imberbe sottotenente Traini durante la ritirata di Russia. Tra notaio e cliente esisteva dunque, in questo caso, un legame che andava ben oltre  il semplice rapporto professionale.

Anche Carlo Traini, il figlio di don Casimiro, conosceva bene quel cliente ‘storico’ dello Studio: ai tempi del Liceo avevano condiviso lo stesso banco per cinque anni.

Il giorno stabilito Coriolano si presentò allo Studio in perfetto orario ed entrò da solo nella sala d’attesa: conosceva la strada. In più di un’occasione aveva passato in quella stanza interminabili minuti con le lacrime agli occhi per la recente morte di un familiare, fissando il curioso paesaggio fiammingo appeso sopra il caminetto, pieno di piccoli personaggi intenti alle più svariate attività. Avrebbe potuto descrivere ad occhi chiusi i quadri appesi alle pareti, il tappeto bukara su cui poggiava i piedi, la pesante tenda color panna con mantovana cremisi da cui filtrava una luce soffusa, i mobili massicci che lo circondavano. Nulla era mutato in cinquant’anni.

Carlo, avvertito dalla segretaria, entrò subito nella sala d’attesa per salutare l’amico.

“Come stai, Marcantonio? Sono secoli che non ci vediamo! – disse all’antico compagno di banco con tono affettuoso – Lo so che aspetti mio padre, ma intanto puoi venire nel mio ufficio, così facciamo quattro chiacchiere. Da qualche tempo don Casimiro arriva sempre in ritardo agli appuntamenti. Dice che è il solo diritto rimasto ai vecchi”.

Coriolano aveva proprio bisogno di sfogarsi con una persona  amica: raccontò la sua triste vicenda condominiale fin nei  minimi particolari e spiegò di voler fare testamento perché ultimamente “non si sentiva bene”. Carlo però notò subito l’aria abbattuta, la voce stanca, l’atteggiamento dimesso del suo  interlocutore. Non era quello il Marcantonio che conosceva da una vita.

“Secondo me si tratta solo di un momento di depressione, non hai nessuna malattia, non fisica intendo. Ti conosco bene, in fondo sei un uomo forte e razionale: le difficoltà non ti hanno mai sconfitto perché, da bravo matematico, pensi che per ogni problema esista una soluzione. Occorre solo mettersi al tavolino e studiare i dati fino a quando non si accende una lampadina. Non era questo che mi dicevi quando passavamo interi pomeriggi a risolvere quei terribili esercizi sui limiti inventati dal Professor Verdelli…ti ricordi? Che sadico! quello sì che era un vero professore di matematica, altro che te!”

“Scusami, Carlo, ma non ho voglia di scherzare, – rispose Marcantonio accennando una smorfia che, nelle sue intenzioni, doveva sembrare un sorriso – davvero non sto bene; mi sento debole, impotente… evidentemente sono già diventato un  vecchio e forse per questo non riesco ad uscire da un imbroglio che a te sembra banale. Anche un giovane però, nel mio caso, non troverebbe alcun appiglio legale per difendersi”

“Vecchio! Ma che vecchio e vecchio, siamo dello stesso millesimo! Un giovane però almeno menerebbe le mani…”

“Già, anche da ragazzo, ti ricordi, subivo sempre “stoicamente” le prepotenze dei più robusti, e questo vicino, credimi, è ben peggiore dei nostri compagni di scuola”. Carlo stava per replicare  con una battuta quando la segretaria, senza bussare, entrò annunciando, con una punta di biasimo, che don Casimiro era finalmente arrivato, in ritardo di oltre un’ora.

Il vecchio notaio ma non si scusò, non rientrava nelle sue abitudini, e salutò Coriolano con insolita freddezza.

Segue…

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Rosanna Bogo