Terza e ultima parte.
Lentamente, dopo gli eventi di quei giorni, tutto tornò alla normalità. L’estate era arrivata con il suo carico di sole e la strada dei sassi sonnecchiava tranquilla nei suoi colori pallidi. Erminia, in compagnia di Brunella, se n’era andata per qualche giorno dalla sorella, in un paese vicino, ed Elia trascorreva la sua giornata interamente nella bottega, con le spalle nude per il caldo e un cappello di paglia, a cui aveva tagliato la tesa, in testa. Le ragazze se ne stavano in casa, o nel loro giardino ad innaffiare le rose e a pettinare il pelo del loro bellissimo gatto bianco che Anna chiamava Golia.
La fontana che si trovava nel piccolo piazzale davanti alla bottega era motivo di sosta per la maggior parte di coloro che passavano per la strada dei sassi.
Quel giorno Silvana, affacciata alla finestra della cucina, vide arrivare un giovane biondo e bellissimo che si fermò a bere. Il suo cuore ebbe un fremito. Era l’immagine esatta del suo principe azzurro, dell’uomo che aspettava da tanto tempo. Scese le scale in silenzio, si affacciò alla porta della bottega e vide che il padre era intento al suo lavoro, girato di spalle verso l’incudine. Armando era andato dai parenti in campagna a prendere un po’ del solito latte e Felice si era addormentato rumorosamente. Si avviò, con in mano una brocca, verso la fontana. Il giovane si era seduto sul muretto, all’ombra. Aveva pantaloni verdi e una maglia bianca, sporca e strappata. Era biondo, di un biondo dorato, con occhi azzurri e lineamenti regolari. Bellissimo, agli occhi di Silvana. Lei non disse niente, ma lo fissò mentre riempiva accuratamente la brocca. Il ragazzo ricambiò lo sguardo, uno sguardo diffidente, schivo, forse impaurito.
“Fa caldo, oggi” disse Silvana. “Caldo…..ja” rispose lui. Tedesco. Silvana sobbalzò. C’era da immaginarselo, così incredibilmente biondo. Non si era mai trovata di fronte un vero tedesco. Sapeva che nei poderi vicini avevano picchiato, a volte violentato, a volte ucciso le donne dopo aver saccheggiato tutto quello che trovavano. Ma questo aveva lo sguardo triste. Silvana non sapeva se doveva spaventarsi o seguire l’istinto e fidarsi di lui. Preferì essere prudente e tornò a casa, ma la presenza dello sguardo biondo del tedesco la seguiva ovunque, lo sentiva addosso mentre si muoveva. Si chiese se fosse possibile che non ce ne fossero altri in giro. Si affacciò a tutte le finestre del palazzo, ma non vide nessun camion, nessun gruppo di soldati, niente di niente. E lui era ancora là, seduto, quasi sdraiato sul muro. Se solo non fosse stato tedesco. Se solo non avesse avuto quegli occhi tristi.
Beatrix