Quando scesero dalla macchina sembrava che stesse per iniziare a piovere. Scaricarono velocemente gli strumenti; Marcello non ebbe difficoltà a riparare il suo clarinetto dai primi schizzi di pioggia, Pompeo con il basso tuba ebbe qualche problema in più. Fedrico con il sax tenore stava arrivando alle loro spalle. Sulla porta del vecchio cinema del paese li aspettava Mario, il trombettista. La piccola band entrò ordinatamente nel locale. Ad aspettarli, quelli del coro, c’erano già. Non un coro normale, no. Il coro dei maggerini. Il giorno dopo avrebbero fatto una commemorazione in ricordo di un loro compagno maggerino scomparso in un incidente stradale esattamente un anno prima. L’avrebbero ricordato cantando il maggio, ed avevano pensato che sarebbe stato tutto più bello con una band, sebbene questi quattro musicisti radunati per l’occasione non fossero proprio quello che immaginavano….
Dopo i saluti e le presentazioni, si sedettero, i cantori dietro, i suonatori davanti. Oltre alla band c’era il fisarmonicista che stentava a far silenzio perché le mani andavano da sole sui tasti e il mantice pareva pieno di aria che voleva scoppiare.
“Ssshh!!!” il maestro zittì tutti. Silenzio improvviso.
“Maggio Allegria, facciamo Maggio Allegria. Voi del coro mi raccomando non andate troppo veloci. Voi con gli strumenti fatevi sentire che questi urlano come disperati!”.
Dalla band, Marcello alzò la mano: “Scusi maestro, ma gli spartiti?”
“Gli spartiti??”
“Si, gli spartiti. Non li abbiamo mica.”
“Ah se è per questo..neanche noi. Si canta a memoria!”
“E allora come si fa?”
“E allora ci venite dietro come potete, tanto mi sembrate vecchierelli…o che non avete mai sentito le canzoni del maggio?”
“Ah, si si, sentire le abbiam sentite.”rispose Marcello, bofonchiando poi a bassa voce: “Anche troppo le abbiamo sentite, questi troiai di pezzi ridicoli…o che questa è musica?!?”
“Almeno intoniamoci” disse Mario il trombettista, un po’ inquieto “Fisarmonica, per favore, un do”.
Il fisarmonicista, faccia rosea e sorridente, si voltò, sorpreso. “….Un do??”
“Si, un do”.
Il fisarmonicista sorrise, girò la testa, guardò la tastiera bianca e nera sotto la sua mano pronta e disse: “E qual è??”
Mario il trombettista si asciugò un insolito sudore e con la calma di chi sta per scoppiare glielo indicò: “Quello lì, è quello lì”
“Ah… grazie!”. Disse il fisarmonicista.
E si esibì nel più consapevole DO che avesse mai suonato..
Beatrix